Dropshipping: cos’è, come funziona

Tutto sul dropshipping: un sistema di vendita da applicare all’e-commerce che permette a un intermediario di avviare la propria attività di commercio elettronico con costi iniziali bassi. Fondamentale la figura del fornitore, che procurerà i prodotti e si occuperà della logistica. Ecco tutti i vantaggi e le criticità.

Avviare un’attività online con pochi costi: la formula di business del dropshipping garantisce a chi vuole dare il via e un e-commerce un sistema low cost che gode delle semplificazioni date dal digitale. Tuttavia, non mancano le criticità, che è bene conoscere per non farsi trovare impreparati. 

Interessante approfondire questo modello, riconosciuto a livello internazionale e utilizzato anche da grandi piattaforme di shopping elettronico.

Indice degli argomenti

  1. Cos’è il dropshipping e come funziona;
  2. I costi del dropshipping per un negozio online;
  3. Vantaggi e svantaggi del dropshipping;
  4. Come trovare dropshipper per il proprio e-commerce;
  5. Dropshipping e coronavirus;
  6. La sfida per un nuovo e-commerce: perché la sostenibilità conviene
  7. I consumatori cercano la sostenibilità;
  8. I consumatori cercano la sostenibilità;
  9. Combinare crescita e ambiente;
  10. La grande sfida del packaging;

  11. Come rendere sostenibile l’e-commerce;

Cos’è il dropshipping e come funziona

Il dropshipping è un metodo di vendita applicabile all’e-commerce: consiste nel vendere un prodotto online senza averlo materialmente in un magazzino di stoccaggio. Gli articoli dunque non sono posseduti concretamente dal venditore, ma vengono proposti agli acquirenti facendo da tramite tra il pubblico e il fornitore. Questo è possibile ovviamente perché alla base c’è un accordo commerciale tra venditore dropshipper e fornitore primario, in un’ottica di mutuo vantaggio.

In concreto, facendo un esempio pratico, un utente si dedica allo shopping online e sceglie un articolo da una piattaforma e-commerce. L’articolo scelto però non viene venduto direttamente dal negozio online, che non possiede tale oggetto: il prodotto è in mano al fornitore, che si occuperà anche della preparazione e della spedizione all’acquirente. Quindi l’utente compra tramite il portale ma non dal portale, bensì dal fornitore.

I costi del dropshipping per un negozio online

Per avviare un’attività di dropshipping bisogna mettere in conto un investimento non ingente, ma comunque non nullo. Infatti, per dare il via al tutto sarà necessario:

  • Acquistare un dominio su internet
  • Costruire il proprio sito di e-commerce affidandosi a professionisti
  • Analizzare il mercato per capire quali settori sono vantaggiosi, se scegliere di vendere prodotti di nicchia oppure ampiamente diffusi
  • Avviare una poderosa campagna di marketing: il posizionamento sul web è infatti fondamentale per farsi conoscere sia dai clienti che dai fornitori
  • Entrare in contatto con i fornitori di tutto il mondo e se necessario incontrarli, dunque viaggiare

Vantaggi e svantaggi del dropshipping

Questo aspetto rappresenta un vantaggio principale che rende il dropshipping molto appetibile per chi si accinge ad avviare un’attività commerciale online: richiede costi iniziali minimi. I costi sono fortemente ridotti petrché bisogna solo avere un sito, non richiede gli investimenti necessari per aprire un negozio. Inoltre, non sono previsti i costi di gestione del magazzino perché il magazzino non esiste: ci si rivolge direttamente al fornitore il quale oltretutto sarà pagato solo quando i prodotti saranno venduti. Non è necessario dunque pagare in anticipo la merce con il rischio di indebitarsi e di avere dell’invenduto. Si risparmia non solo denaro, ma anche tempo. Infatti, tutto il lavoro viene svolto online semplicemente inoltrando l’ordine al fornitore. Non ci si deve occupare di impacchettare o spedire il prodotto, la logistica è infatti competenza del fornitore. L’intermediario non deve nemmeno tenere l’inventario, ci pensano i fornitori, siano grossisti o normali commercianti. Inoltre, il sistema è utile per ampliare la propria clientela a livello mondiale: si possono avere fornitori da tutto il mondo. Da sottolineare anche che dal punto di vista fiscale la gestione di un e-commerce, in generale sia che pratichi dropshipping che no, è più agile rispetto a quella di un negozio fisico. Per fare un esempio, non è necessario fare lo scontrino elettronico per l’e-commerce.

Anche il fornitore trae vantaggio dal sistema di dropshipping. Dall’accordo con l’intermediario guadagna la presenza online, laddove magari il proprio e-commerce non avrebbe la stessa diffusione. L’intermediario infatti dovrà occuparsi di gestire al meglio il marketing per diffondere e imporre la propria presenza online, a vantaggio anche del fornitore che non dovrà pensare a farsi pubblicità. Per il cliente inoltre dropshipping significa maggiore scelta di prodotti a sua disposizione, con oggetti di fornitori da tutto il mondo, per cui potrà scegliere ciò che più gli aggrada.

Sembra tutto perfetto, ma come per ogni ambito non mancano gli svantaggi. Questi sono rappresentati in primis dalla necessità di individuare fornitori che abbiano prodotti di qualità e siano affidabili, per non ritrovarsi con ordini inoltrati ma non spediti. Inoltre, ci sono svantaggi dal punto di vista economico: sebbene il capitale iniziale da investire in un’attività di dropshipping sia irrisorio e non ci sia il rischio di trovarsi nelle condizioni di non poter pagare i fornitori, il guadagno effettivo è piuttosto scarno, soprattutto all’inizio. Dal prezzo pagato dall’acquirente bisogna infatti sottrarre il costo del produttore e le spese legate al marketing. Quindi per guadagnare molto, in questo sistema è necessario avere molti clienti e fornitori convenienti. Inoltre, il sistema del dropshipping può essere sfruttato per compiere truffe da soggetti malintenzionati, da più punti di vista. Si pensi per esempio a un intermediario che trattiene i soldi del cliente ma non inoltra l’ordine al fornitore. Oppure, un fornitore che raggira l’intermediario, magari chiedendo di essere pagato non in base alla vendita del prodotto ma mensilmente. È quindi opportuno, come sempre quando si tratta di acquisti in rete, prestare attenzione all’affidabilità dei soggetti coinvolti nel sistema.

Come trovare dropshipper per il proprio e-commerce

Nelle community online dedicate al dropshipping e in generale al commercio elettronico è possibile trovare elenchi di dropshipper con tanto di recensioni di anno in anno, il confronto con altri utenti è utile per esempio per individuare quelli che sono considerati i migliori dropshipper in Italia 2019. Tuttavia, non c’è un albo professionale ufficiale cui i fornitori sono tenuti a iscriversi, dunque il rischio di trovare figure poco serie deve spingere l’imprenditore digitale alla massima cautela. Per iniziare è utile identificare quali sono gli adeguati canali di distribuzione per il proprio settore: se i grossisti, o i piccoli produttori locali per esempio.

Un’indagine online tramite motore di ricerca può aiutare l’intermediario a districarsi tra le tante presenze online per individuare quelle più consone a sé. Bisogna anche fare un’analisi dei costi, capire quali sono i soggetti più convenienti, prendere contatti o magari effettuare visite per conoscersi di persona. A questo pro, sono utili anche le fiere di settore o dedicate all’e-commerce, in cui fare networking e conoscere dropshipper e altri intermediari per scambiarsi opinioni, consigli e idee su come agire al meglio per portare avanti il proprio business digitale.

Dropshipping e coronavirus

La pandemia di coronavirus nel 2020 ha creato nuove sfide per le aziende, chiuse o soggette a limitazioni per lungo tempo con conseguenti ricadute economiche e sociali. In generale si è verificato un ricorso agli strumenti di vendita online, soprattutto durante il lockdown completo in primavera quando non era consentito tenere aperti negozi e imprese. Problemi possono essersi verificati per chi si occupa di dropshipping per eventuali crisi dei fornitori, ritardi nella consegna della merce e nelle spedizioni. 

La sfida per un nuovo e-commerce: perché la sostenibilità conviene

Il commercio digitale ha costruito il suo successo su consegne veloci e garanzia di prodotti integri, anche a costo di essere più inquinante. Ma cambiare è possibile. Lo chiede l’ambiente, ma anche i clienti

Sondaggi, report, statistiche: le rilevazioni che fotografano i comportamenti dei consumatori descrivono l’importanza crescente della sostenibilità nelle scelte di acquisto. Una sensibilità sempre più trasversale ai settori commerciali e ai segmenti di clientela. Un trend affine al boom del commercio elettronico: in costante espansione negli ultimi anni, è diventato un canale d’acquisto davvero universale con la pandemia. Al momento, però, presenta problemi di impatto ambientale. Per diventare uno strumento green, le aziende che ne fanno uso possono adottare soluzioni diverse, tra l’altro spesso utili a ottimizzare costi e conquistare i clienti. Non è facile, ma un e-commerce sostenibile è possibile: ecco come e perché.

I consumatori cercano la sostenibilità

Quasi sette italiani su dieci si definiscono sempre più attenti alle questioni ambientali e quasi otto su dieci ritengono che le aziende debbano considerarle all’interno del proprio business. Sono dati dell’istituto di ricerca Ipsos che inquadrano come la sostenibilità sia entrata nelle scelte di acquisto dei consumatori italiani, in linea con quanto avvenuto in quasi tutto l’Occidente. Prodotti a filiera corta, distinti dai concorrenti per avere un marchio “eco-label” o per essere “equi e solidali” sono ormai sempre più diffusi e sempre più gettonati. La loro vendita passa spesso dalla distribuzione online: l’e-commerce sta affiancando, e in alcuni settori superando, i luoghi fisici d’acquisto.

Combinare crescita e ambiente

L’e-commerce “business to consumer” vale oggi circa tremila miliardi di euro a livello mondiale. In questi ultimi anni, a spingere i consumatori a scegliere il commercio elettronico sono stati alcuni fattori come la diffusione di nuove soluzioni tecnologiche, le alleanze tra gli operatori del settore, l’integrazione degli strumenti digitali nei sistemi di vendita di molte imprese “fisiche”. Adesso, per intercettare le nuove tendenze nelle scelte di acquisto legate alla sostenibilità, il mercato digitale deve affrontare alcuni limiti strutturali.

Il commercio digitale non è di per sé più inquinante del commercio tradizionale: nasce anche come soluzione per ridurre gli spostamenti dei consumatori. D’altra parte, secondo la Scuola Sant’Anna di Pisa, comprare online è una scelta green solo quando il cliente deve percorrere oltre 15 chilometri per recarsi al punto vendita. Altrimenti, fatta la tara tra benefici e costi ambientali, conviene andare fisicamente nel negozio per acquistare il prodotto. Un altro tema riguarda la rapidità. Secondo il Massachusetts Institute of Technology di Boston, la consegna veloce tramite ordine online richiede un dispendio di energia tre volte superiore rispetto a quello tradizionale.

Questo accade perché una consegna così rapida coinvolge molti corrieri e quindi mezzi di trasporto, aumentando le emissioni di CO2. Lo stesso fenomeno accade con la politica dei resi, aumentati secondo alcune rilevazioni di oltre il 50% negli ultimi dieci anni. Il viaggio “andata e ritorno” dei prodotti aumenta i chilometri percorsi e quindi gli effetti negativi per l’ambiente.

La grande sfida del packaging

Uno dei problemi maggiori del commercio elettronico è l’impatto ambientale del packaging. Gli imballaggi dei prodotti ordinati online implicano un forte utilizzo di materiali come cartone e plastica. Secondo il consorzio Corepla, l’e-commerce ha rappresentato circa il 15% del totale della plastica immessa al consumo in Italia: il 200% in più rispetto a dieci anni fa. Inoltre, lo smaltimento dei diversi imballaggi di un prodotto ordinato online può arrivare a causare un’emissione di CO2 quasi 20 volte superiore rispetto alla stessa operazione fatta per la busta di un negozio fisico.

Comieco (il consorzio per il recupero e il riciclo di imballaggi in carta e cartone) e Netcomm (organizzazione che promuove l’e-commerce italiano) hanno indicato alcune linee guida per rendere il packaging più sostenibile. Prevedono, tra le altre cose, di utilizzare imballaggi facilmente riciclabili o riutilizzabili (anche per il reso), di sensibilizzare e coinvolgere sia i produttori che i clienti, di scegliere i partner logistici anche in base alla loro sostenibilità. Non si tratta solo di un indirizzo che fa bene all’ambiente, perché potrebbe aprire nuovi mercati e stimolare la fidelizzazione dei clienti. Secondo una ricerca di Netcomm, per l’80% degli e-shopper italiani un packaging ecosostenibile trasmette l’attenzione dell’azienda nei confronti dell’ambiente.

Come rendere sostenibile l’e-commerce

Per rendere sostenibile il proprio commercio digitale, un’azienda deve innanzitutto adottare politiche di rispetto ambientale, aggiornando i valori del proprio brand in termini etici. Ad esempio, partecipando a progetti di compensazione delle emissioni di CO2. In secondo luogo, può adottare soluzioni concrete che spesso saranno utili anche a ottimizzare i costi aziendali. Un’opzione è la riduzione degli sprechi energetici; un’altra è la scelta di prodotti a basso consumo. Grazie a interventi diretti al risparmio energetico di rete, in un anno. E le soluzioni IoT dell’azienda, come smart energy meters, smart cities e smart logistics, hanno permesso di risparmiarne 2.751.893 in tre anni. Già oggi il 94% dell’energia acquistata dal gruppo proviene da fonti rinnovabili.

L’altra grande sfida riguarda gli imballaggi usati nelle spedizioni. Il packaging dovrebbe essere composto da un solo materiale riciclabile, con pesi dimensioni ridotti. L’obiettivo di limitare sprechi e rifiuti non dovrebbe riguardare solo la distribuzione ma l’intera organizzazione. Nel 2019 è partita “Save the Planet”, un’iniziativa che punta a eliminare progressivamente l’utilizzo della plastica usa e getta dagli uffici di Vodafone Italia. Un altro tema importante è l’ottimizzazione delle scorte e dei resi. Spesso, infatti, gli e-commerce si trovano con prodotti eccedenti che devono essere smaltiti, creando oltretutto nuovi rifiuti.

Trovare un marketplace che riesca ad abbattere quanto più possibile le scorte di magazzino tramite la vendita risolverebbe in parte il problema. Creando, allo stesso tempo, nuovi ricavi. Secondo una ricerca della società di consulenza Kantar, infatti, i consumatori chiedono alle aziende consegne ecosostenibili e possibilità di reso immediate. In particolare, il 39% dei 16-24enni vorrebbe scegliere l’opzione di consegna in base alla sua sostenibilità e più di uno su due gradirebbe il reso immediato, un’opzione che consentirebbe un servizio più veloce evitando allo stesso tempo di consumare chilometri e imballaggi.